DUBBI

Quando si parla di psicoterapia tanti sono i dubbi che possono presentarsi. Eccone alcuni che mi sembrano abbastanza comuni.


La psicoterapia funziona?

 

Si, la psicoterapia funziona. Lo dimostrano diversi studi, e molte esperienze personali.

Per poter comprendere appieno questa affermazione, è necessario però accordarsi sul suo significato.

Il buon esito di una psicoterapia spesso non coincide con la conferma delle pur legittime aspettative iniziali di chi si accosta a questo percorso. Ma questo non ne rappresenta affatto un limite.

È possibile che le cose si evolvano in modo del tutto inaspettato, non previsto (e per fortuna non tutto si può prevedere!), portando il paziente ad una condizione di benessere e all’acquisizione di maggiori consapevolezze che gli possano consentire di muoversi nel mondo in un modo più confortevole.

La psicoterapia si fonda su una relazione, quella tra il paziente e il terapeuta; e ancor prima su un incontro. Questo elemento, che di fatto costituisce il suo più grande punto di forza, la espone ad una serie di incognite che non possono essere ridotte a rigidi assiomi e che rendono ogni esperienza di terapia  difficilmente generalizzabile.


Cambierò al punto da non riconoscermi? 

 

Questa domanda rappresenta  un timore piuttosto diffuso. Quando si parla di cambiamento nella mente di ciascuno di noi si attivano desideri e fantasmi di varia natura.

Come se entrare nella stanza di terapia comportasse una trasformazione completa, al punto da non riconoscere più chi si è stati sino a quel momento. O ancora come se iniziare una psicoterapia significasse riscrivere tutto da zero.

Non è così. E non lo è per il solo motivo che il vero protagonista del lavoro terapeutico è il paziente, sin dal momento in cui si avvia in lui il desiderio di intraprendere un percorso. È il paziente a mettere mano, seppur con l’aiuto competente del terapeuta, a ciò che lo abita e lo fa soffrire; nessun altro può farlo al suo posto.

Nel corso di una terapia, il paziente si scoprirà cambiato, ma anche estremamente autentico. Non si tratta infatti di snaturarsi, ma di trovare la propria più autentica natura, che per un milione di motivi nel tempo era stata sommersa di sovrastrutture e complicazioni.


Ha una fine? Rischierò Di rimanerne dipendente?

 

Si, la psicoterapia è un percorso che ha una fine.

Fine che nel mio modo di lavorare non viene prescritta dal terapeuta, né decisa a priori in prima seduta come accade in altri approcci, ma avvertita, elaborata e definita in accordo tra paziente e terapeuta.

Naturalmente non trattandosi di un lavoro obbligato ma di un desiderio e di una motivazione che si rinnovano di seduta in seduta, è libertà e responsabilità del paziente discuterne con il terapeuta in qualunque momento ne avverta la necessità.

Il lavoro terapeutico segue il tempo soggettivo del paziente: mettere mano al proprio mondo interiore richiede infatti delicatezza e attenzione.

Inoltre, per quanto spesso nell’urgenza di una richiesta terapeutica vi sia il forte bisogno di uscire dal malessere provocato da un sintomo o da una situazione, ciò che spesso accade è scoprire che quel sintomo riporta ad emozioni che si vivono nel profondo, spesso intrinsecamente collegate alla propria storia così come al proprio presente.

Tutto ciò richiede un tempo che è soggettivo e non generalizzabile. Questo tempo consentirà al paziente di imparare e fare proprio un modo nuovo di accostarsi a se stesso, che rimarrà dentro di sé come strumento prezioso anche dopo aver concluso il percorso di psicoterapia.


lo psicoterapeuta può prescrivere farmaci?

 

Qualora all’interno di una specifica situazione si dovesse ravvedere la necessità o l’importanza di una prescrizione farmacologica, il terapeuta può segnalare il nominativo di un professionista al quale chiedere un appuntamento per la richiesta specifica.